Maradona ad un "ragazzo" disperato: "Ora ti insegno io dove toccare il pallone"

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    LIVELLO TECNICO: MARADONA

    Group
    TDN Legendary
    Posts
    34,029
    Reputation
    +23,590
    Location
    Dove si è fermato Cristo

    Status
    Offline
    CITAZIONE
    Era il mezzogiorno di un sabato, alla vigilia di qualche partita importante, e Maradona, tanto per cambiare, non si era presentato agli allenamenti per tutta la settimana. Il povero addetto stampa del Napoli aveva esaurito la scorta di bugie: la foratura della gomma, la visita medica, l’influenza contagiosa. Il giovedì, proprio quando veniva dato a letto con 40 di febbre, Maradò (come lo chiamavamo tutti) era stato beccato in discoteca nel cuore della notte con un bottiglia vuota di champagne in equilibrio precario sulla testa.

    Ma il sabato mattina si presentò al campo di allenamento. Ovviamente in ritardo, e scortato dal consueto cespuglio di microfoni e taccuini. Uno dei taccuini lo tenevo in mano io, inviato di un giornale del nord e quindi già solo per questo sospettabile di pregiudizi negativi nei suoi confronti. In realtà quel genio del bene e del male mi stava simpatico come un fratello matto. Forse perché, nonostante fosse strafottente e distruttivo, in mezzo a tanti manichini sembrava quasi una persona.
    Quel sabato, dunque, al termine dell’allenamento, Maradona non seguì i compagni negli spogliatoi, ma rimase sul campo per allestire uno spettacolo destinato ai giornalisti. Dribbling tra i birilli e palleggi. Era il suo modo di vendicarsi di noi. Scrivevamo ogni giorno che era finito, che non si reggeva in piedi? Ebbene, guardatemi, pareva dire. Guardatemi e tacete.

    A un certo punto esagerò. Sistemò il pallone sulla linea di fondo campo. Ma non all’altezza della bandierina del calcio d’angolo: da lì sono buoni tutti (insomma, alcuni…). Lui la mise molto più vicino alla porta: nel punto in cui la linea di fondo interseca l’area piccola del portiere.
    Da lì la porta non riesci a vederla neanche se sei strabico. Puoi vedere solo la parte esterna del palo, ma è talmente vicina che ti sembra un muro: fare gol da quella posizione non è difficile. È impossibile. Bisognerebbe violare una ventina di leggi fisiche. Colpire il pallone con un tiro che a metà del suo breve tragitto si pieghi verso l’esterno per evitare il palo e poi, ma immediatamente, compia una conversione di novanta per infilarsi in porta.
    Maradona calciò il pallone e lo infilò in porta. Non una, ma cinque volte. Perché si capisse che la prima non era stato un caso.
    Io lo guardavo a bocca aperta, e non ero il solo. Seduto a bordo campo, in adorazione, c’era un ragazzo, era stato lui a passare a Maradona i cinque palloni che, uno dopo l’altro, quel satanasso aveva messo sulla linea di fondo campo e da lì in rete.
    Pensando di non averci ancora umiliato abbastanza, Maradona scavalcò la rete di recinzione che lo separava dai giornalisti e ci raggiunse. Appena si accorse che dalla tasca di un mio collega spuntava un mandarino, glielo chiese in prestito. Se lo appiccicò al piede sinistro e cominciò a palleggiare per cinque, dieci, venti minuti: tutto il tempo dell’intervista. Rispondeva alle domande e intanto il mandarino andava su e giù, come se fosse attaccato a un cordino invisibile.

    A un certo punto sentimmo dei latrati provenire dal campo. Era il ragazzo delle squadre giovanili che da venti minuti stava provando a imitare il famoso tiro dalla linea di fondo. Ma i suoi tentativi morivano tutti regolarmente contro il palo: questo spiegava i latrati di disperazione.
    Fu allora che Maradona, con un ultimo colpo di tacco, parcheggiò in terra il mandarino e tornò in campo. Si avvicinò al ragazzo e gli disse: "Non ti preoccupare, alla tua età non ci riuscivo nemmeno io. Adesso ti insegno”. Il più famoso calciatore del mondo si inginocchiò davanti al ragazzo, gli afferrò un piede e lo accostò al pallone in un certo modo: “Ecco, devi colpire proprio qui.”

    Poi, come se niente fosse, tornò in mezzo a noi, risuscitò il mandarino e ricominciò a parlare e a palleggiare. Ma non a lungo, perché fummo interrotti da un urlo: Goool.
    Alla fine il ragazzino ce l’aveva fatta. Era stato davvero bravo e tenace: il talento, se non si appoggia al carattere, conta meno di zero.
    Quel ragazzino si chiamava Gianfranco Zola e un giorno anche lui avrebbe insegnato a un altro ragazzino il colpo segreto di Maradona...
    Fonte - La Stampa
     
    Top
    .
  2.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    LIVELLO TECNICO: CAVANI

    Group
    TDN Historical
    Posts
    15,805
    Reputation
    +8,612
    Location
    cittadino del mondo

    Status
    Offline
    Diego Unico. :wub:
     
    Top
    .
  3.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    LIVELLO TECNICO: MARADONA

    Group
    TDN Legendary
    Posts
    34,029
    Reputation
    +23,590
    Location
    Dove si è fermato Cristo

    Status
    Offline
    CITAZIONE (AndrosCelsum @ 24/4/2016, 12:21) 
    Non sono convinto di questa storia, è sicuramente plausibile però Zola non era della primavera del Napoli, arrivo dal Cagliari quando aveva già 23 o 24 anni.

    È. La prima cosa che mi è venuta in mente leggendo l'articolo... forse nell'enfasi del racconto ha dimenticato che Zola era un calciatore della prima squadra, che sostituì varie volte lo stesso Diego.
     
    Top
    .
  4.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    LIVELLO TECNICO: MARADONA

    Group
    TDN Historical
    Posts
    37,647
    Reputation
    +15,446
    Location
    Pianeta barbifero + 300 msg

    Status
    Offline
    Non è la prima volta che leggo di questa storia e infatti se fate una piccola ricerca torna ciclicamente.
    L'articolo è del 2013 ed è il testo della ’Buonanotte’ data da Massimo Gramellini ai telespettatori di “Che tempo che fa” su RaiTre.
     
    Top
    .
3 replies since 24/4/2016, 10:10   199 views
  Share  
.