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    LIVELLO TECNICO: MARADONA

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    Trois allumettes, une à une allumées dans la nuit
    La première pour voir ton visage tout entier
    La seconde pour voir tes yeux
    La dernière pour voir ta bouche
    et l'obscurité toute entière pour me rappeler tout cela
    en te serrant dans mes bras.


    Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
    Il primo per vedere tutto il tuo viso
    Il secondo per vedere i tuoi occhi
    L'ultimo per vedere la tua bocca
    E tutto il buio per ricordarmi queste cose
    Mentre ti stringo fra le braccia.


    (Jacque Prévert)

     
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  2. fabio16
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    azz vai con i surrealisti:

    CITAZIONE

    Alicante

    Un' arancia sulla tavola

    il tuo vestito sul tappeto

    E nel mio letto tu

    Dolce presente del presente

    Freschezza della notte

    Calore della mia vita.

    Jacques Prevert




    CON QUESTO SI RAGGIUNGE IL PUNTO PIù ALTO CHE MANO UMANA ABBIA MAI TOCCATO......

    PARADISO CANTOXXXIII, ULTIMO CANTO....

    CITAZIONE
    Paradiso
    Canto XXXIII
    "Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
    umile e alta più che creatura,
    3 termine fisso d’etterno consiglio,
    tu se’ colei che l’umana natura
    nobilitasti sì, che ’l suo fattore
    6 non disdegnò di farsi sua fattura.
    Nel ventre tuo si raccese l’amore,
    per lo cui caldo ne l’etterna pace
    9 così è germinato questo fiore.
    Qui se’ a noi meridïana face
    di caritate, e giuso, intra ’ mortali,
    12 se’ di speranza fontana vivace.
    Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
    che qual vuol grazia e a te non ricorre,
    15 sua disïanza vuol volar sanz’ali.
    La tua benignità non pur soccorre
    a chi domanda, ma molte fïate
    18 liberamente al dimandar precorre.
    In te misericordia, in te pietate,
    in te magnificenza, in te s’aduna
    21 quantunque in creatura è di bontate.
    Or questi, che da l’infima lacuna
    de l’universo infin qui ha vedute
    24 le vite spiritali ad una ad una,
    supplica a te, per grazia, di virtute
    tanto, che possa con li occhi levarsi
    27 più alto verso l’ultima salute.
    E io, che mai per mio veder non arsi
    più ch’i’ fo per lo suo, tutti miei prieghi
    30 ti porgo, e priego che non sieno scarsi,
    perché tu ogne nube li disleghi
    di sua mortalità co’ prieghi tuoi,
    33 sì che ’l sommo piacer li si dispieghi.
    Ancor ti priego, regina, che puoi
    ciò che tu vuoli, che conservi sani,
    36 dopo tanto veder, li affetti suoi.
    Vinca tua guardia i movimenti umani:
    vedi Beatrice con quanti beati
    39 per li miei prieghi ti chiudon le mani!".
    Li occhi da Dio diletti e venerati,
    fissi ne l’orator, ne dimostraro
    42 quanto i devoti prieghi le son grati;
    indi a l’etterno lume s’addrizzaro,
    nel qual non si dee creder che s’invii
    45 per creatura l’occhio tanto chiaro.
    E io ch’al fine di tutt’i disii
    appropinquava, sì com’io dovea,
    48 l’ardor del desiderio in me finii.
    Bernardo m’accennava, e sorridea,
    perch’io guardassi suso; ma io era
    51 già per me stesso tal qual ei volea:
    ché la mia vista, venendo sincera,
    e più e più intrava per lo raggio
    54 de l’alta luce che da sé è vera.
    Da quinci innanzi il mio veder fu maggio
    che ’l parlar mostra, ch’a tal vista cede,
    57 e cede la memoria a tanto oltraggio.
    Qual è colüi che sognando vede,
    che dopo ’l sogno la passione impressa
    60 rimane, e l’altro a la mente non riede,
    cotal son io, ché quasi tutta cessa
    mia visïone, e ancor mi distilla
    63 nel core il dolce che nacque da essa.
    Così la neve al sol si disigilla;
    così al vento ne le foglie levi
    66 si perdea la sentenza di Sibilla.
    O somma luce che tanto ti levi
    da’ concetti mortali, a la mia mente
    69 ripresta un poco di quel che parevi,
    e fa la lingua mia tanto possente,
    ch’una favilla sol de la tua gloria
    72 possa lasciare a la futura gente;
    ché, per tornare alquanto a mia memoria
    e per sonare un poco in questi versi,
    75 più si conceperà di tua vittoria.
    Io credo, per l’acume ch’io soffersi
    del vivo raggio, ch’i’ sarei smarrito,
    78 se li occhi miei da lui fossero aversi.
    E’ mi ricorda ch’io fui più ardito
    per questo a sostener, tanto ch’i’ giunsi
    81 l’aspetto mio col valore infinito.
    Oh abbondante grazia ond’io presunsi
    ficcar lo viso per la luce etterna,
    84 tanto che la veduta vi consunsi!
    Nel suo profondo vidi che s’interna,
    legato con amore in un volume,
    87 ciò che per l’universo si squaderna:
    sustanze e accidenti e lor costume
    quasi conflati insieme, per tal modo
    90 che ciò ch’i’ dico è un semplice lume.
    La forma universal di questo nodo
    credo ch’i’ vidi, perché più di largo,
    93 dicendo questo, mi sento ch’i’ godo.
    Un punto solo m’è maggior letargo
    che venticinque secoli a la ’mpresa
    96 che fé Nettuno ammirar l’ombra d’Argo.
    Così la mente mia, tutta sospesa,
    mirava fissa, immobile e attenta,
    99 e sempre di mirar faceasi accesa.
    A quella luce cotal si diventa,
    che volgersi da lei per altro aspetto
    102 è impossibil che mai si consenta;
    però che ’l ben, ch’è del volere obietto,
    tutto s’accoglie in lei, e fuor di quella
    105 è defettivo ciò ch’è lì perfetto.
    Omai sarà più corta mia favella,
    pur a quel ch’io ricordo, che d’un fante
    108 che bagni ancor la lingua a la mammella.
    Non perché più ch’un semplice sembiante
    fosse nel vivo lume ch’io mirava,
    111 che tal è sempre qual s’era davante;
    ma per la vista che s’avvalorava
    in me guardando, una sola parvenza,
    114 mutandom’io, a me si travagliava.
    Ne la profonda e chiara sussistenza
    de l’alto lume parvermi tre giri
    117 di tre colori e d’una contenenza;
    e l’un da l’altro come iri da iri
    parea reflesso, e ’l terzo parea foco
    120 che quinci e quindi igualmente si spiri.
    Oh quanto è corto il dire e come fioco
    al mio concetto! e questo, a quel ch’i’ vidi,
    123 è tanto, che non basta a dicer "poco".
    O luce etterna che sola in te sidi,
    sola t’intendi, e da te intelletta
    126 e intendente te ami e arridi!
    Quella circulazion che sì concetta
    pareva in te come lume reflesso,
    129 da li occhi miei alquanto circunspetta,
    dentro da sé, del suo colore stesso,
    mi parve pinta de la nostra effige:
    132 per che ’l mio viso in lei tutto era messo.
    Qual è ’l geomètra che tutto s’affige
    per misurar lo cerchio, e non ritrova,
    135 pensando, quel principio ond’elli indige,
    tal era io a quella vista nova:
    veder voleva come si convenne
    138 l’imago al cerchio e come vi s’indova;
    ma non eran da ciò le proprie penne:
    se non che la mia mente fu percossa
    141 da un fulgore in che sua voglia venne.
    A l’alta fantasia qui mancò possa;
    ma già volgeva il mio disio e ’l velle,
    144 sì come rota ch’igualmente è mossa,
    l’amor che move il sole e l’altre stelle.



    D'ANNUNZIO, LA PIOGGIA NEL PINETO

    CITAZIONE
    Taci. Su le soglie
    del bosco non odo
    parole che dici
    umane; ma odo
    parole più nuove
    che parlano gocciole e foglie
    lontane.
    Ascolta. Piove
    dalle nuvole sparse.
    Piove su le tamerici
    salmastre ed arse,
    piove su i pini
    scagliosi ed irti,
    piove su i mirti
    divini,
    su le ginestre fulgenti
    di fiori accolti,
    su i ginepri folti
    di coccole aulenti,
    piove su i nostri volti
    silvani,
    piove su le nostre mani
    ignude,
    su i nostri vestimenti
    leggieri,
    su i freschi pensieri
    che l'anima schiude
    novella,
    su la favola bella
    che ieri
    t'illuse, che oggi m'illude,
    o Ermione.

    Odi? La pioggia cade
    su la solitaria
    verdura
    con un crepitío che dura
    e varia nell'aria
    secondo le fronde
    più rade, men rade.
    Ascolta. Risponde
    al pianto il canto
    delle cicale
    che il pianto australe
    non impaura,
    nè il ciel cinerino.
    E il pino
    ha un suono, e il mirto
    altro suono, e il ginepro
    altro ancóra, stromenti
    diversi
    sotto innumerevoli dita.
    E immersi
    noi siam nello spirto
    silvestre,
    d'arborea vita viventi;
    e il tuo volto ebro
    è molle di pioggia
    come una foglia,
    e le tue chiome
    auliscono come
    le chiare ginestre,
    o creatura terrestre
    che hai nome
    Ermione.

    Ascolta, ascolta. L'accordo
    delle aeree cicale
    a poco a poco
    più sordo
    si fa sotto il pianto
    che cresce;
    ma un canto vi si mesce
    più roco
    che di laggiù sale,
    dall'umida ombra remota.
    Più sordo e più fioco
    s'allenta, si spegne.
    Sola una nota
    ancor trema, si spegne,
    risorge, trema, si spegne.
    Non s'ode voce del mare.
    Or s'ode su tutta la fronda
    crosciare
    l'argentea pioggia
    che monda,
    il croscio che varia
    secondo la fronda
    più folta, men folta.
    Ascolta.
    La figlia dell'aria
    è muta; ma la figlia
    del limo lontana,
    la rana,
    canta nell'ombra più fonda,
    chi sa dove, chi sa dove!
    E piove su le tue ciglia,
    Ermione.

    Piove su le tue ciglia nere
    sìche par tu pianga
    ma di piacere; non bianca
    ma quasi fatta virente,
    par da scorza tu esca.
    E tutta la vita è in noi fresca
    aulente,
    il cuor nel petto è come pesca
    intatta,
    tra le pàlpebre gli occhi
    son come polle tra l'erbe,
    i denti negli alvèoli
    con come mandorle acerbe.
    E andiam di fratta in fratta,
    or congiunti or disciolti
    (e il verde vigor rude
    ci allaccia i mallèoli
    c'intrica i ginocchi)
    chi sa dove, chi sa dove!
    E piove su i nostri vólti
    silvani,
    piove su le nostre mani
    ignude,
    su i nostri vestimenti
    leggieri,
    su i freschi pensieri
    che l'anima schiude
    novella,
    su la favola bella
    che ieri
    m'illuse, che oggi t'illude,
    o Ermione.



    stupenda:


    l suo alito è aroma di miele ai chiodi di garofano,
    la sua bocca, deliziosa come un mango maturo.
    baciare la sua pelle è assaggiare il loto,
    l'incavo del suo ombelico è un ricettacolo di spezie.
    quali altri piaceri vi si adagino, lo sa la lingua.
    ma non può dirlo.


    (Srngarakarika, XII sec.)
     
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    Mi permetto un inserto "friulano", dall'opera di un autore a dir poco sottovalutato.

    Virgilio Giotti - "La strada"

    Vardo 'na strada de la mia zità,
    che ghe sarò passado mile volte,
    e no' me par de averla vista mai.
    Le fazzade zalete, le boteghe,
    un bar, dei àuti, e el fiatin de viavai.
    Come la nostra vita, sì: vissuda,
    finida ormai, e mai ben conossuda.

    Guardo una strada della mia città,
    che ci sarò passato mille volte,
    e non mi pare di averla vista mai.
    Le facciate gialline, le botteghe,
    un bar, delle auto, e quel poco viavai.
    Come la nostra vita, sì: vissuta,
    finita ormai, e mai ben conosciuta.
     
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  4. fabio16
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    CITAZIONE (-Sasà- @ 30/3/2007, 10:51)
    Kalhil Gibran

    Allora Almitra di nuovo parlò e disse: Che cos'è il Matrimonio, maestro ?
    E lui rispose dicendo:
    Voi siete nati insieme e insieme starete per sempre.
    Sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni.
    E insieme nella silenziosa memoria di dio.
    Ma vi sia spazio nella vostra unione,
    E tra voi danzino i venti dei cieli.
    Amatevi l'un l'altro, ma non fatene una prigione d'amore:
    Piuttosto vi sia un moto di mare tra le sponde delle vostre anime.
    Riempitevi l'un l'altro le coppe, ma non bevete da un'unica coppa.
    Datevi sostentamento reciproco, ma non mangiate dello stesso pane.
    Cantate e danzate insieme e state allegri, ma ognuno di voi sia solo,
    Come sole sono le corde del liuto, benché vibrino di musica uguale.
    Donatevi il cuore, ma l'uno non sia di rifugio all'altro,
    Poiché solo la mano della vita può contenere i vostri cuori.
    E siate uniti, ma non troppo vicini;
    Le colonne del tempio si ergono distanti,
    E la quercia e il cipresso non crescono l'una all'ombra dell'altro.

    :cry: :cry: :cry:

    sasà erano anni che la cercavo......

    giuro.....
    :tiadoro: :tiadoro: :tiadoro: :tiadoro: :tiadoro: :tiadoro: :tiadoro: :tiadoro:
     
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    Lettere all' Immortale Amata

    I miei pensieri sono rivolti a te mia amata immortale. Posso vivere soltanto unito a te, non altrimenti. Sii calma mia vita, mio tutto. Solo contemplando con serenità la nostra esistenza potremo raggiungere il nostro scopo di vivere insieme. Continua ad amarmi, non smentire mai il cuore fedelissimo del tuo amato.
    Eternamente tuo
    Eternamente mia
    Eternamente nostri.



    Ludwig van Beethoven.

     
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    Il modo in cui io T'amo

    Non t'amo come se fossi rosa di sale,
    topazio o freccia di garofani che propagano il fuoco:
    t'amo come si amano certe cose oscure,
    segretamente, entro l'ombra e l'anima.
    T'amo come la pianta che non fiorisce e reca dentro di sè,
    nascosta, la luce di quei fiori;
    grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
    il concentrato aroma che ascese dalla terra.
    T'amo senza sapere come, nè quando nè da dove,
    t'amo direttamente senza problemi nè orgoglio:
    così ti amo perchè non so amare altrimenti che così,
    in questo modo in cui non sono e non sei,
    così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
    così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.



    Pablo Neruda.

     
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    Recitata dalla voce di Ferruccio Amendola...

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    Se tu mi dimentichi


    Voglio che tu sappia
    una cosa.
    Tu sai com'è questa cosa:
    se guardo
    la luna di cristallo, il ramo rosso
    del lento autunno alla mia finestra,
    se tocco
    vicino al fuoco
    l'impalpabile cenere
    o il rugoso corpo della legna,
    tutto mi conduce a te,
    come se cio' che esiste
    aromi, luce, metalli,
    fossero piccole navi che vanno
    verso le tue isole che m'attendono.
    Orbene,
    se a poco a poco cessi di amarmi
    cesserò d'amarti poco a poco.
    " Se d'improvviso
    mi dimentichi,
    non cercarmi,
    chè già ti avrò dimenticata "

    Se consideri lungo e pazzo
    il vento di bandiere
    Che passa per la mia vita
    e ti decidi
    a lasciarmi sulla riva
    del cuore in cui ho le radici,
    pensa
    che in quel giorno,
    in quell'ora,
    leverò in alto le braccia
    e le mie radici usciranno
    a cercare altra terra.
    Ma
    se ogni giorno,
    ogni ora
    senti che a me sei destinata
    con dolcezza implacabile.
    Se ogni giorno sale
    alle tue labbra un fiore a cercarmi,
    ahi, amor mio, ahi mia,
    in me tutto quel fuoco si ripete,
    in me nulla si spegne né si dimentica,
    il mio amore si nutre del tuo amore, amata,
    e finchè tu vivrai starà tra le tue braccia
    senza uscire dalle mie.



    Pablo Neruda

     
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    Dove si è fermato Cristo

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    Lentamente muore
    chi diventa schiavo dell'abitudine,
    ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
    chi non cambia la marcia,
    chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
    chi non parla a chi non conosce.

    Muore lentamente
    chi fa della televisione il suo guru.
    Muore lentamente chi evita una passione,
    chi preferisce il nero su bianco
    e i puntini sulle "i"
    piuttosto che un insieme di emozioni,
    proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
    quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
    quelle che fanno battere il cuore
    davanti all'errore e ai sentimenti.

    Lentamente muore
    chi non capovolge il tavolo
    quando è infelice sul lavoro,
    chi non rischia la certezza per l'incertezza
    per inseguire un sogno,
    chi non si permette almeno una volta nella vita,
    di fuggire ai consigli sensati.

    Lentamente muore
    chi non viaggia,
    chi non legge,
    chi non ascolta musica,
    chi non trova grazia in sé stesso.

    Muore lentamente
    chi distrugge l'amor proprio,
    chi non si lascia aiutare
    chi passa i giorni a lamentarsi
    della propria sfortuna o della pioggia incessante.

    Lentamente muore
    chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
    chi non fa domande sugli argomenti che non conosce
    o non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

    Evitiamo la morte a piccole dosi,
    ricordando sempre che essere vivo
    richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
    del semplice fatto di respirare.

    Soltanto l'ardente pazienza
    porterà al raggiungimento di una splendida felicità.
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    CITAZIONE (barbie71 @ 19/12/2013, 00:20) 
    Ero matta in mezzo ai matti. I matti erano matti nel profondo, alcuni molto intelligenti. Sono nate lì le mie più belle amicizie. I matti son simpatici, non così i dementi, che sono tutti fuori, nel mondo. I dementi li ho incontrati dopo, quando sono uscita.

    Alda Merini


    (IMG:https://scontent-b-mxp.xx.fbcdn.net/hphoto...164251432_n.jpg)

    alda merini è stata davvero un personaggio da studiare...e da leggere...

    « Ho la sensazione di durare troppo, di non riuscire a spegnermi: come tutti i vecchi le mie radici stentano a mollare la terra. Ma del resto dico spesso a tutti che quella croce senza giustizia che è stato il mio manicomio non ha fatto che rivelarmi la grande potenza della vita. »
     
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  12. AnDrE'
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    CITAZIONE (barbie71 @ 14/1/2014, 10:47) 
    andrè mi scoccio di spegnere e riaccendere il pc,i pollicioni arretrati te li metto dopo, in differita :P

    appena fatto per metterti il mio apprezzamento ...hi hi hi...

    alda merini mi piace tantissimo.......in fondo io sono un folle e chi più di me può capire certe cose....... :fischi: :fischi: :fischi: :fischi:
     
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  13. AnDrE'
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    CITAZIONE (barbie71 @ 16/1/2014, 10:18) 
    Per recuperare la giovinezza basta ripetere le proprie pazzie.

    Oscar Wilde [ Il ritratto di Dorian Gray ]


    (IMG:https://fbcdn-sphotos-e-a.akamaihd.net/hph...833813192_n.jpg)

    chi ha pubblicato la mia foto.................................

    hi hi hi

    ecco perchè sono sempre giovane .... !!!!
     
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  14. AnDrE'
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    CITAZIONE (barbie71 @ 21/1/2014, 10:09) 
    (IMG:https://scontent-b-mxp.xx.fbcdn.net/hphoto...933405324_n.jpg)

    La vita...mia cara...
    è un palcoscenico dove si gioca a fare sul serio.

    Luigi Pirandello

    Io sono un palcoscenico in cui mi prendo gioco della vita....mia cara...

    andrè amico di faber
     
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  15. Corto_Maltese
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    Non vengo questa sera per il tuo corpo, o bestia
    Che i peccati d'un popolo accogli, né a scavare
    Nei tuoi capelli impuri una triste tempesta
    Sotto il tedio incurabile che versa il mio baciare:
    Chiedo al tuo letto il sonno pesante, senza sogni,
    Librato sotto il velo segreto dei rimorsi,
    E che tu puoi gustare dopo le tue menzogne
    Nere, tu che del nulla conosci più che i morti.
    Poi che il Vizio, rodendomi l'antica nobiltà,
    M'ha come te segnato di sua sterilità;
    Ma mentre nel tuo seno di pietra abita un cuore
    Che crimine o rimorso mai potrà divorare,
    Io pallido, disfatto, fuggo col mio sudario,
    Sgomento di morire se dormo solitario.

    Stéphane Mallarmé
     
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178 replies since 2/12/2005, 02:22   5869 views
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