Musica etnica, popolare e dialettale

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    Questo lo so, è un topic minestrone, ma ha un suo perchè.
    In un altro post ratapena scrive che Crêuza de mä non rispecchia l'anima di Genova, indubbiamente è così, originariamente si pensava di usare una lingua inventata simil-arabo e poi si optò per il genovese che ha parole di origine araba, spagnola, etc. e tronche.

    Ma il punto non è questo, è che soprattutto al nord c'è questa perdita d'amore per il proprio dialetto, per la propria musica, etc. Musica dialettale che è stata limitata e ghettizzata nell'ambito popolare. De Andrè rappresenta un unicum anche per questo.

    Questa è una provocazione che mi piacerebbe fosse smentita: non c'è ricerca al nord, non c'è sperimentazione, etc. I meridionali provano più affetto per la propria lingua e musica e magari osano di più.

    La Notte della Taranta è un'occasione per riproporre perfino canti in grico e magari in una forma più raffinata. Quest'anno Diodato ha interpretato Beddha ci dormi con l'eleganza ed intensità che lo contraddistinguono per esempio.
    Noa (una cantante israeliana, di origine yemenita, cresciuta in America) canta No potho reposare (canto della tradizione sarda), Rosa Balestreri (cantautrice siciliana controversa) ed ha fatto un album in napoletano che ripropone nei teatri con tanto di orchestra. Ha diversi riconoscimenti da parte della repubblica italiana per aver portato la musica italiana nel mondo (e che musica direi... quella popolare): Cavaliere dell'Ordine della Stella d'Italia e Commendatore dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

    In Sicilia abbiamo una penna molto fine ed elegante: quella di Olivia Sellerio, che non ha nemmeno una pagina su Wikipedia. È la figlia degli editori Sellerio e musica poesia in siciliano in uno stile che mi ricorda il jazz. Anche Noa fa qualcosa di simile.

    Anche se il più innovatore di tutti fu Pino Daniele col suo jazz in napoletano.

    Io le uniche canzoni in dialetto del nord che ho sentito erano di Van de Sfroos, poi in italiano tipo ballate popolari i Modena City Ramblers. Ma comunque nulla di paragonabile ai Tazenda, che hanno fatto conoscere la musica sarda al di fuori del loro territorio.
     
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    CITAZIONE (nonmite @ 28/12/2020, 07:59) 
    Ma il punto non è questo, è che soprattutto al nord c'è questa perdita d'amore per il proprio dialetto, per la propria musica, etc.

    Per quanto riguarda Bologna direi che c’è grande interesse e anche una discreta ricerca sul dialetto. Assolutamente assente per la musica , caso mai un po’ di musica in dialetto, ma senza alcuna ricerca anche lontanamente paragonabile a quella sorta intorno alla Nuova Compagnia di Canto popolare , precedenti e seguiti compresi
     
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    Ricordo solo un nome: Maria Carta
     
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    Devo aggiungere: Roberto Leydi e magari anche Michele L. Straniero.
     
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    CITAZIONE (lucrezio52 @ 28/12/2020, 10:41) 
    CITAZIONE (nonmite @ 28/12/2020, 07:59) 
    Ma il punto non è questo, è che soprattutto al nord c'è questa perdita d'amore per il proprio dialetto, per la propria musica, etc.

    Per quanto riguarda Bologna direi che c’è grande interesse e anche una discreta ricerca sul dialetto. Assolutamente assente per la musica , caso mai un po’ di musica in dialetto, ma senza alcuna ricerca anche lontanamente paragonabile a quella sorta intorno alla Nuova Compagnia di Canto popolare , precedenti e seguiti compresi

    Non conosco la Nuova Compagnia di Canto popolare bolognese, quella che conosco io faceva musica napoletana ed ha partecipato a Sanremo negli anni '90.

    Ma siamo sempre lì, al Sud artisticamente il dialetto è ancora vivo. Sia a teatro che in musica ancora si compone qualcosa di nuovo in dialetto o si ripropone in chiave moderna o più colta qualcosa di tradizionale.

    Qualche anno fa Moni Ovadia ha riproposto Le supplici di Eschilo con canti in siciliano, greco ed arabo. La Rai lo ha trasmesso anche in tv, stessa cosa per la Notte della Taranta.

    Tempo fa mi è venuta la fissa per i dialetti ed ho scoperto che in piemonte il Gelindo si sta dimenticando e che il teatro dialettale veneziano non sente brezza nuova da Goldoni.

    Il pericolo di estinzione del dialetto lo imputo al nobilitarsi delle persone, c'è questa tendenza nelle famiglie a non usarlo perchè associato al linguaggio della strada. Già a me viene una collera... (in Sicilia non intendiamo con questo termine rabbia, ma profonda tristezza, preoccupazione) perchè coi miei nonni è andata perduta parte di miniminagghie, termini e modi di dire, ma ancora qui il siciliano è vivo, non come una volta, e lo si propone ancora al pubblico.



    Mi pare che questa versione della Taranta del Gargano sia stata proposta ad un festival internazionale di strumenti a corda, ve lo faccio vedere perchè non si vedono tutti i giorni arciliuto, chitarra barocca e torba.
     
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    Mi sono espresso veramente male 😱. Mi riferivo alla NCCP napoletana e a tutta l’esperienza di Eugenio Bennato, Roberto De Simone .... intendevo che pur in presenza di cantanti moderatamente noti in dialetto bolognese come Dino Sarti o Andrea Mingardi , non vi è stata mai una esperienza di ricerca come quella citata di Eugenio Bennato e soci.
    Comunque visto il periodo un buon natale a tutti in bolognese 😇

    www.bolognatoday.it/cronaca/ban-na...uri-natale.html

    Ps quando dicevo che a Bologna c’è molta attenzione per la tradizione del dialetto, ma la musica è solo un’occasione strumentale (nel senso buono del termine) intendevo questo

    O anche questo
    www.comune.bo.it/bulgnais/studi-bolognesi.php

    A Bologna il dialetto lungi dall’essere un segno di bassa estrazione sociale è un segno distintivo della popolazione originaria che normalmente appartiene ai ceti medi e medio-alti, ed anche proprio alti . Vi capiterà di sentire al Rotary notai e avvocati di secolare tradizione familiare discutere suul’esatta Differenza di dizione fra il dialetto bolognese di porta Saragozza e porta Mazzini (anzi porta Maggiore, che è il nome originario)
     
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    CITAZIONE (nonmite @ 30/12/2020, 08:23) 
    e torba.

    tiorba, l'i s'era forse impigliata nella tastiera ;)
     
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    CITAZIONE (nonmite @ 30/12/2020, 08:23) 
    Il pericolo di estinzione del dialetto lo imputo al nobilitarsi delle persone, c'è questa tendenza nelle famiglie a non usarlo perchè associato al linguaggio della strada.

    Questo può essere uno dei motivi (i miei genitori parlavano tra di loro e con le altre persone in dialetto, come normale allora, e credo almeno in parte anch'oggi, a Trieste, (era la seconda metà del secolo scorso, ma con noi figli in italiano, e né mia sorella né io abbiamo mai parlato il dialetto triestino, che pure conosco e amo molto. Lo giustificavano non con il "nobilitarsi", il dialetto che parlavano era quello delle classi borghesi, per dire quello amato da Joyce - mio padre parlando con gli operai usava una forma di dialetto diverso, più popolare - ma con il fatto che così avremmo imparato meglio l'italiano. Ricordo che a scuola io fui l'unico a identificare l'imbuto con la lettera i, perché per tutti gli altri alunni, parlanti il dialetto e che imparavano l'italiano a scuola diventando bilingui, la figura collegata era quella di una piria). Altri motivi sono anche la maggior mobilità delle persone (tipico l'esempio di Lucrezio, delle varianti di quartiere, possibili dove le persone passavano la vita tutta nel quartiere, e questo è un fenomeno comune, non solo bolognese) e l'influsso determinante di radio e televisione.

    Quanto all'uso di strumenti antichi, come arciluito, chitarra barocca o tiorba, nella musica "popolare", mi pare ci sia una certa confusione. Non si tratta di strumenti popolari, ma antichi e tuttavia facenti parte della musica colta. Credo che la loro sonorità diversa da quella dergli strumenti attuali venga sentita come "originaria", popolare, mentre non lo è necessariamente.
     
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    CITAZIONE (dceg @ 30/12/2020, 11:44) 
    Quanto all'uso di strumenti antichi, come arciluito, chitarra barocca o tiorba, nella musica "popolare", mi pare ci sia una certa confusione. Non si tratta di strumenti popolari, ma antichi e tuttavia facenti parte della musica colta. Credo che la loro sonorità diversa da quella dergli strumenti attuali venga sentita come "originaria", popolare, mentre non lo è necessariamente.

    Ho mostrato quel video perchè il discorso che sto portando avanti in questo thread è che la musica popolare e il dialetto (che in altre parti d'Italia, tranne a Bologna a quanto pare, è associato con le realtà di strada) vengono riproposti in ambienti internazionali e colti.
     
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    CITAZIONE (dceg @ 30/12/2020, 11:28) 
    CITAZIONE (nonmite @ 30/12/2020, 08:23) 
    e torba.

    tiorba, l'i s'era forse impigliata nella tastiera ;)

    Ricordavo male come si scrivesse, però grazie per la gentilezza con cui mi hai mostrato l'errore.

    Visto che parliamo di errori, ho sbagliato anche il titolo dell'opera, quello corretto è Tarantella del Gargano.

    Edited by nonmite - 30/12/2020, 14:32
     
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    Ma forse è sempre stato così: la valorizzazione del dialetto viene dall‘alto, per così dire, non dal basso. Mi sovvengono ancora Svevo e Joyce che corrispondevano in dialetto triestino. Io stesso, pur non parlandone nessuno, mi sono sempre interessato ai dialetti dei luoghi dove ho vissuto.
     
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    C'è differenza tra musica/canto popolare e canto dialettale, il canto popolare può anche essere in italiano mentre quello in dialetto non necessariamente è popolare. De Andrè canta in dialetto ma non esegue canti popolari. I Tazenda hanno proposto dei canti in sardo ma non il vero canto popolare sardo, rappresentato dai tenores e dalla tasglia gallurese. Purtroppo in Italia si sta perdendo la vera musica popolare, cantata o suonata, e le riproposizioni sono spesso arrangiamenti per adeguarla al gusto moderno. Per fortuna vi sono ancora isole di resisenza, ma sono sempre meno.
     
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    CITAZIONE (ratapena @ 30/12/2020, 21:29) 
    C'è differenza tra musica/canto popolare e canto dialettale, il canto popolare può anche essere in italiano mentre quello in dialetto non necessariamente è popolare. De Andrè canta in dialetto ma non esegue canti popolari. I Tazenda hanno proposto dei canti in sardo ma non il vero canto popolare sardo, rappresentato dai tenores e dalla tasglia gallurese. Purtroppo in Italia si sta perdendo la vera musica popolare, cantata o suonata, e le riproposizioni sono spesso arrangiamenti per adeguarla al gusto moderno. Per fortuna vi sono ancora isole di resisenza, ma sono sempre meno.

    I Tazenda fanno musica popolare sarda e cantano a tenore, cosa tipica della musica sarda. Inoltre hanno fatto uso anche di organetti e launeddas.

    Fanno pura musica sarda? Assolutamente no, il loro genere è etno-pop-rock. Ma la musica "popolare" non può fossilizzarsi alle sagre di paese per poi dire "quello è il vero cuore della musica popolare X". La musica popolare è commistione, la musica in genere è commistione. La musica napoletana non è solo il maqam napoletano del 1200.

    La tarantella del Gargano che ho riproposto in chiave quasi "lirica", cantata da Brunella Selo (l'artista musicalmente più araba che abbia partecipato a Sanremo) ha un'altra sonorità, ma è musica "puramente" napoletana in entrambe le versioni.

    Solo così la musica si trasmette e si fa apprezzare. Nel patrimonio della musica napoletana c'è Napul'è come Jesce sole, tutto contribuisce a fare un genere.
     
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    Sono d’accordo con nonmite, negli anni 70 assistemmo (quelli che potevano per ragioni anagrafiche e preferenze musicali) al fenomeno del folk rock di derivazione britannica, irlandese ma anche francese , per quanto si possa definire francese la rinascita culturale bretone . Ebbe epigoni anche italiani . E si andava da un buon rock blues con qualche reminiscenza di jighe e reels, a vere e proprie riscoperte , acustiche (non elettrificate) di ballate di secoli fa. Ma sicuramente accanto al lato commerciale c’era anche un interesse per le radici culturali, sino alla riscoperta della lingua , il caso piu emblematica è quello di Alan Stevel, che dal suo “la rinascita dell’arpa celtica“ diede un forte impulso al ritorno dello studio del bretone. Dopo tutto uno dei momenti più importanti a livello mondiale di musica popolare è il,festival interceltico di Lorient in Bretagna all’inizio di ogni agosto a cui ho assistito due volte e se l’andamento della pandemia e l’eta’ che avanza lo permetteranno spero di vederne una terza
     
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    Rispetto tutte le opinioni, ma io nel campo della musica popolare sono un purista. Non è vero che la musica popolare non evolve, ma lo ha sempre fatto con i suoi tempi. Ora si deve per forza far diventare tutto folk-rock-funk orecchiabile. Certo è più piacevole ascoltare i Tazenda che non un gruppo di tenores tradizionali, ma spesso vuol dire non voler fare uno sforzo.
     
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