Morto Calisto Tanzi

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    La mattina dell'8 dicembre del 2003 con un laconico comunicato stampa, Parmalat rovina il Natale dell'Italia e di mezzo mondo: il fondo Epicurum non ha liquidità. Dietro al tecnicismo si nasconde una ferale notizia: la Parmalat è fallita. In quello sconosciuto e misterioso fondo delle Isole Cayman, il paradiso fiscale per eccellenza, avrebbero dovuto esserci 600 milioni di liquidità della Parmalat: ma sono spariti, evaporati. Pochi giorni dopo una lettera su carta intestata Bank of America garantisce che esistono fondi per quasi 4 miliardi di euro in una società chiamata Bonlat: il mercato aveva tirato un sospiro di sollievo. Si scoprirà che quella lettera è un falso clamoroso, roba tipo film di Totò e Peppino: un logo patacca copiato e incollato su un testo scritto negli uffici dell'azienda.

    La Parmalat, che tutti credevano ricca, è senza un euro: un crack da 13 miliardi di euro. Così, all'improvviso, crolla un gigante industriale dell'Italia. È la più grande bancarotta e la più grande truffa d'Europa, paragonabile solo al crack del gigante americano Enron (anch'esso di quegli anni): per 20 anni uno dei marchi più celebri del Made in Italy nel mondo ha falsificato i bilanci, mentre il logo Parmalat campeggiava sulle jersey dei club di calcio di mezzo mondo e il latte italiano spaziava dal Canada al Brasile.

    Parmalat è sopravvissuta a tutto e tutti, pure a un crack che avrebbe distrutto qualsiasi altra azienda. Ma nulla ha potuto contro la globalizzazione. Quindici anni dopo, mentre Calisto Tanzi, agli arresti domiciliari dopo un processo durato 10 anni (più un anno e mezzo di indagini), passeggia per Parma nelle sue 3 ore settimanali di libertà, Parmalat dice addio alla bandiera tricolore: finisce tutta dentro la pancia della “mucca” francese Lactalis, il numero uno del latte in Europa, una delle tante multinazionali che stanno colonizzando l'Italia, e dirà addio a Piazza Affari. Non scompariranno stabilimenti e marchi, ma un altro pezzo di Made in Italy passa in modo definitivo sotto le insegne straniere. Tanzi portò in Borsa la Parmalat nel 1990.

    Dopo 30 anni (e i due di “buco” dovuti al crack), Parmalat diventa tutta del colosso Lactalis, padrona di Parmalat già da sette (ma con Bankitalia come socio di minoranza). Per l'azienda di Collecchio il futuro è nel cono d'ombra di una multinazionale che non ama far sapere nulla di sé, molto segreta e misteriosa e che con l'Italia non ha mai avuto un gran feeling. E nemmeno le recenti esternazioni del nuovo ad Jean-Marc Bernier ha aiutato a svelenire il clima: in un'intervista di sei mesi fa ha invitato gli italiani a ricredersi su Lactalis, stupendosi del perché il paese sia così ostile alla Francia. Nello stesso anni i francesi hanno lanciato il blitz finale che porterà via Parmalat dalla Borsa: addio all'ultima parvenza di italianità.


    Calisto Tanzi, figlio di un fornaio che nel 1961 porta in Italia l'invenzione svedese del latte UHT che si mantiene per mesi e sta in un contenitore di carta mai visto prima chiamato Tetrapak, è un personaggio che ha scritto la storia d'Italia: imita un altro Cavaliere, Silvio Berlusconi, che nel 2003 è il capo del Governo. Come Berlusconi, Tanzi punta su calcio e tv, le due macchine da consenso in Italia: diventa editore di Odeon Tv e patron del ParmaCalcio, il club delle meraviglie di Nevio Scala che vinse la Coppa Uefa fucina di campioni come Gianluigi Buffon, Hernan Crespo e Faustino Asprilla. Si avventura pure nel mondo del turismo, con i villaggi vacanze ParmaTour. La città di Parma è una sorta di satellite dell'impero alimentare di Tanzi (dal latte si è allargato ai succhi di frutta, con Santàl; ai prodotti da forno, con le merendine Mr. Day e i biscotti Grisbì; alle passate di pomodoro Pomì), che gode della protezione della politica, soprattutto della vecchia DC e di un mostro sacro della Prima Repubblica come Ciriaco De Mita, il cui Governo fa una legge ad hoc per il latte UHT.

    Il Ponte del Natale 2003 rivela, invece, tutta un'altra verità: il cavaliere e il suo fidato braccio destro, il «ragioniere» Fausto Tonna, hanno ingannato tutti per decenni: Borsa Italiana (dove la quotazione era avvenuta incorporando una società la Fcn, per evitare i controlli), i revisori dei conti (pagati per certificare la veridicità dei bilanci), la famigerata Grant Thornton che sparirà dal paese sulla scia dello scandalo, banche d'affari, creditori, analisti finanziari, fondi di investimento, authorities (Consob, Banca d'Italia) nessuno, in apparenza, si è mai accorto di nulla per decenni, o ha fatto finta di non vedere. È uno shock per il paese: anni dopo il cinema, con Toni Servillo nei panni di Tonna, renderà immortale lo scandalo nel film «Il Gioiellino».

    La mattina dell'Immacolata del 2003, nella Milano della finanza, metà radunata al teatro Alla Scala per la Prima, e l'altra metà sulle nevi di Courmayeur, lo stupore era totale. Eppure c'erano stati, come sempre nella Storia, dei segnali premonitori. Ma erano stati, come sempre, inascoltati o messi a tacere per cercare di nascondere la verità. C’era stato il caso del bond da 300 milioni a inizio anno. Nulla di strano, in apparenza. Le aziende emettono di continuo bond: le obbligazioni, ossia titoli di debito, sono una forma di finanziamento. Nel caso di Parmalat, però, c'era un'anomalia: la società sbandierava liquidità per 3 miliardi, ma continuava a lanciare bond. Se un'azienda ha cassa perché mai dovrebbe indebitarsi? Tra i primi ad accorgersi, il settimanale Plus del Sole 24 Ore che lanciò l'allarme. Il crack Parmalat di fatto ammazzerà il mercato obbligazionario in Italia, danneggiando la reputazione del paese: per anni è stato impossibile collocare bond di aziende italiane, gli investitori stranieri non li volevano.

    È un Natale terribile per migliaia di famiglie: i risparmi di una vita scomparsi. Tanzi, invece, il giorno di Natale lo passa in volo: il 26 dicembre atterra a Quito, la capitale dell'Ecuador. Il giorno dopo viene arrestato a Milano. Nessuno è riuscito mai a sapere il motivo del viaggio-lampo: il sospetto che abbia messo al riparo il suo «tesoretto» (si vocifera 800 milioni), è ancora oggi forte.
     
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    Grande mappina.
     
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    Amen, condoglianze alla famiglia.
     
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    Guardatevi su crime investigation lo speciale sul crac della parmalat, davvero ben fatto
     
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